Mi presento

Mi chiamo RUGGIERO DORONZO e insegno “Teoria e tecniche della comunicazione” presso la Facoltà Teologica Pugliese e presso l’Istituto di Studi Filosofici “Sacro Cuore” di Campobasso.
Dopo la laurea in Giurisprudenza, ho conseguito la laurea in Scienze della comunicazione e quella in Scritture giornalistiche e multimedialità presso l’Università del Salento e il PhD in Scienze della comunicazione sociale presso l’Università Pontificia Salesiana. Ho pubblicato diversi saggi e articoli scientifici. Sono giornalista pubblicista e direttore della Biblioteca Provinciale dei Cappuccini di Puglia (Bari).

In questo blog (se così si può chiamare) cerco di radunare gran parte del materiale che produco o che mi riguarda, in particolare puoi trovare:

articoli divulgativi che scrivo su l’Aurora Serafica;

articoli scientifici che ho pubblicato;

informazioni sui miei libri;

– le rubriche televisive: Connessi ma liberi 1′ serie2′ serie – 3′ serie – TV2000

BUONA NAVIGAZIONE

R.D.

 Imposelt

 

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Il romanzo della disfida

IL ROMANZO DELLA DISFIDA - Copertina_2Tradurre, tradire e trasmettere hanno la stessa origine semantica che riguarda il trasferimento o la consegna di qualcosa. È vero, come spesso si dice, che chi traduce tradisce in qualche modo l’autore, ma è anche vero che chi traduce trasmette, perché permette ad altri, nel presente e nel futuro, di poter accedere a dei contenuti di cui altrimenti non avrebbero potuto usufruire.
Questo è lo spirito con il quale mi sono lanciato in un’operazione delicata e rischiosa, eppure affascinante e avvincente qual è il tentativo di tradurre in italiano corrente un classico della nostra letteratura ottocentesca: “Ettore Fieramosca o La disfida di Barletta” di Massimo d’Azeglio.
L’occasione mi è stata data dal compimento di 520 anni dallo storico evento (1503-2023) e di 190 anni (1833-2023) dalla prima pubblicazione del romanzo.
Mi sono reso conto che la “disfida di Barletta” è qualcosa di cui molti hanno sentito parlare, ma pochissimi ne hanno letto il romanzo. Nella fascia giovanile, poi, quel pochissimi si riduce quasi a zero.
Tutto ciò non è dovuto solo alla disaffezione generale che in Italia riguarda la lettura, ma anche alla difficoltà legata alla lingua nella quale d’Azeglio ha scritto il suo racconto, che in 200 anni è notevolmente cambiata; così quando si legge l’opera nella versione originale occorre fare un certo sforzo per tradurre istantaneamente la sintassi di alcune frasi e molti dei termini usati dall’autore.
Assumendomi l’incarico di svolgere questo lavoro al posto del lettore spero che la sua lettura risulti più scorrevole e gustosa. Ne potranno così beneficiare tutte le categorie di lettori, dai più assidui ai più pigri, ma soprattutto i giovani avranno a disposizione un testo avvincente e di facile comprensione.
La riproposizione di questo romanzo storico in lingua corrente non ha esattamente lo stesso scopo che si prefiggeva Massimo d’Azeglio, cioè di contribuire a formare una coscienza nazionale attraverso la rievocazione di episodi che esaltavano l’orgoglio italiano.
Infatti tale scopo, per quanto utile sotto certi aspetti, potrebbe risultare anacronistico sotto altri. Una maggiore consapevolezza delle proprie radici potrebbe certamente stimolare lo sviluppo di quelle potenzialità umane, civiche, intellettuali e solidali di cui l’Italia ha attualmente grande bisogno. Sarebbe anacronistico, invece, se la ricerca di questo sviluppo portasse a un ripiegamento campanilistico che non tenga conto della interdipendenza dei popoli e delle nazioni, dell’urgenza di perseguire l’unità ai più alti livelli sociali e istituzionali e, soprattutto, della necessità di ricercare e promuovere la pace.
E questo è un punto che stava molto a cuore anche allo stesso d’Azeglio, che, a conclusione della sua opera, dichiara di ritenere «sciagurate quelle contese dove gli uomini delle diverse nazioni si rinfacciano a vicenda sbagli e delitti, spesso aiutandosi con menzogne. All’opposto riteniamo ammirevole chi vuole il bene dell’umanità e lavora con quella legge d’amore e di giustizia proclamata dal Vangelo per spegnere quelle scintille di odio che causano lunghe e micidiali guerre».
Il romanzo esalta valori eterni come la lealtà, la fedeltà, il rispetto dell’avversario, l’amore, l’amicizia e allo stesso tempo manifesta quelle che sono le miserie umane legate al disprezzo degli altri, all’avidità, all’odio, alla violenza, alla superbia. In questo senso è una breve indagine sui sentimenti e sulla psicologia umana, al di là degli usi e dei costumi dell’epoca che vuole rappresentare. Dunque, è un’opera ancora utile da conoscere, attuale per certi aspetti, gradevole da leggere e importante da tramandare alle future generazioni.

PER APPROFONDIRE GUARDA QUESTI VIDEO:

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Se Cristo è risorto, perché scegliamo ancora Barabba?

Nei giorni della passione di Cristo che abbiamo appena vissuto ci è stata riproposta la drammatica scelta tra Gesù e Barabba. L’alternativa non è solo tra due persone agli antipodi, ma tra due differenti visioni del mondo e, soprattutto, tra due atteggiamenti diametralmente opposti di fronte all’ingiustizia.
Barabba è l’uomo che vuole combattere l’occupazione romana con l’uso delle armi. Nei vangeli viene definito un brigante e si riporta che è stato arrestato per aver provocato una sommossa e per omicidio.
Egli risponde al male con il male, anzi, quando può restituisce il doppio. Ritiene che il linguaggio della forza sia l’unico che gli uomini conoscano e invita ad armarsi per cacciare l’invasore.
Gesù invece chiede di amare i propri nemici e di fare del bene a coloro che odiano, proprio come ha fatto lui stesso. Egli non ammette la violenza neanche quando i suoi discepoli vogliono usarla per difendere la sua vita e dichiara che chiunque ferisce di spada, perisce di spada. Gesù porge l’altra guancia e proclama beati gli operatori di pace.
Riflettendo su tutto questo, anche coloro che frettolosamente pensano che di fronte a Pilato avrebbero scelto Gesù e non Barabba, probabilmente dovranno ricredersi.
Ancora oggi Barabba riesce a convincere molti che non c’è spazio per la diplomazia, il dialogo, la mediazione. Nella narrazione di Barabba c’è sempre un cattivo che vuole fare del male ai buoni e che i buoni sono sempre tali, anche quando si comportano esattamente come il cattivo. Come il loro “messia”, anche i seguaci di Barabba non possono che spingere per il riarmo, plaudire all’aumento delle spese militari.
Noi cristiani e francescani siamo convinti che l’insegnamento di Cristo è l’unica via di salvezza, o di sopravvivenza, per l’umanità. Cristo, lo sconfitto, è risorto, è vivo, è vincitore.
Possiamo dunque rovesciare la richiesta dei giudei che a Ponzio Pilato chiedevano di liberare “non Gesù, ma Barabba”.
E rivolgiamo a Dio la nostra preghiera perché il suo messaggio d’amore possa finalmente trionfare sulla violenza e sulla guerra: «Riconosciamo il tuo amore di Padre quando pieghi la durezza dell’uomo, e in un mondo lacerato da lotte e discordie lo rendi disponibile alla riconciliazione. Con la forza dello Spirito tu agisci nell’intimo dei cuori, perché i nemici si aprano al dialogo, gli avversari si stringano la mano e i popoli si incontrino nella concordia. Per tuo dono, o Padre, la ricerca sincera della pace estingue le contese, l’amore vince l’odio e la vendetta è disarmata dal perdono».

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Fin quando lo possiamo fare, vi diciamo buon Natale

Il numero di dicembre del 1938 della nostra rivista fu sottoposto a sequestro da parte del governo fascista per un trafiletto di poche righe intitolato “manie”, nel quale si guardava con sconcerto a una decisione del governo tedesco:
«In Germania è stato stabilito che i tedeschi ariani potranno disfarsi dei nomi di origine ebraica e assumerne dei nuovi. Fra i nomi ripudiati vi è quello di Maria, Giuseppe, Giovanni, Elisabetta ecc. Come desidereremmo che nella laboriosa terra alemanna si fosse un po’ più positivi e si badasse a cose più serie e di maggiore importanza».
Per queste parole il direttore fu redarguito dal prefetto, tutte le copie della rivista furono sequestrate e distrutte e si dovettero ristampare eliminando il trafiletto ritenuto politicamente scorretto.
Fortunatamente, una copia della pubblicazione incriminata si è salvata e viene custodita gelosamente nel nostro archivio, quale testimonianza di quella limitazione della libertà di pensiero e di espressione che speravamo non si verificasse mai più nella storia, soprattutto di quella europea. E invece la storia si ripete, proprio in quell’Europa che, dopo aver sperimentato l’oppressione dei totalitarismi, si sarebbe dovuta rifondare proprio sulla libertà di pensiero e di parola.
Dopo aver scampato l’approvazione del ddl Zan, che avrebbe compromesso la libertà religiosa e aperto la strada a derive oggi imprevedibili, ecco che nei giorni scorsi è stato reso noto un documento interno della Commissione Europea intitolato #UnionOfEquality nel quale ci sono indicazioni precise sui criteri che i dipendenti della Commissione devono adottare nella comunicazione sia esterna che interna. Viene bandita la parola Natale con tanto di esempio: meglio evitare «il periodo natalizio» e dire «il periodo delle vacanze». È raccomandato anche usare nomi generici anziché «nomi cristiani», pertanto, invece di dire «Maria e Giovanni sono una coppia internazionale», bisogna dire «Malika e Giulio sono una coppia internazionale».
Perseguendo una “comunicazione inclusiva” si ottiene, invece, un risultato grottesco, arrivando persino a negare che il Natale si chiami Natale.
Ma la Commissione non si ferma qui. Viene anche vietato di utilizzare nomi di genere come «operai o poliziotti» o usare il pronome maschile come pronome predefinito, è vietato organizzare discussioni con un solo genere rappresentato (solo uomini o solo donne), poi è vietato utilizzare «Miss o Mrs» a meno che non sia il destinatario della comunicazione a esplicitarlo. E ancora: non si può iniziare una conferenza rivolgendosi al pubblico con la consueta espressione «Signori e signore» ma occorre utilizzare la formula neutra «cari colleghi».
L’impressione è che, con la scusa di veicolare una comunicazione inclusiva, l’obiettivo immediato sia quello di cancellare alcune feste cristiane e la differenza tra genere maschile e femminile, mentre quello a lungo termine sia quello di cancellare ogni traccia delle radici giudaico-cristiane sulle quali l’Europa dovrebbe fondarsi.
Giovanni Paolo II nell’Angelus del 20 giugno 2004, un anno prima di morire, riferendosi proprio all’Europa e profetizzando la deriva morale e culturale che l’avrebbe caratterizzata disse: «Non si tagliano le radici dalle quali si è nati». Infatti, in questi ultimi anni, i diktat del politicamente corretto svelano, con risultati a volte farseschi come in questo caso, la deriva verso il politicamente corretto che, non di rado, è l’anticamera del pensiero unico.
Probabilmente, anche la nostra rivista prima o poi sarà sottoposta ad altri sequestri e censure, come lo fu nel 1938, magari questa volta perché non avremo usato l’asterisco (*) o lo shwa (ǝ).
Nel frattempo, fin quando lo possiamo fare, vi diciamo BUON NATALE.

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Chi vola in cielo e chi combatte sulla terra

I mesi scorsi sono stati segnati da tanti avvenimenti importanti su molti fronti della vita sociale, politica ed economica a livello mondiale. Su due di questi vorrei fare delle riflessioni. Il primo è l’avvio dell’era del “turismo spaziale”. Con il volo di due astronavi, la Vss Unity e la Blue Origin, sembra sia partito il tempo di far provare a un pubblico sempre più vasto il brivido di andare in alto fino a 80/100 km, per poter osservare la terra da quella altezza e sperimentare per qualche minuto la parziale assenza di gravità.
I due progetti sono stati voluti, finanziati e inaugurati da due uomini ricchissimi e permetteranno ad altri ricchi di farsi un giro ai limiti dell’atmosfera. Certamente queste iniziative dirottano una grande quantità di denaro verso la ricerca scientifica e lo sviluppo di nuove tecnologie. Ci sono però dei problemi da considerare. Intanto, per ora, il costo di un singolo volo è talmente elevato che solo pochissime persone sulla terra possono permetterselo. Forse ci vorranno decenni perché il prezzo del biglietto diventi accessibile a molti. Ma il punto non è questo. In fondo si tratta di una giostra, tecnologicamente avanzata e altamente eccitante, ma pur sempre di una giostra, per giunta altamente inquinante. Si stima, infatti che l’inquinamento prodotto da ciascuno di questi lanci, riservati a 4 o 5 persone, corrisponda a quello prodotto da un aereo che trasporta centinaia di persone da Londra a New York. Se tutto ciò meriti un plauso giudicatelo voi.
Il secondo avvenimento di portata storica accaduto in questo tempo è il ritiro degli eserciti occidentali dall’Afganistan. Le ultime due amministrazioni degli Stati Uniti hanno ritenuto inutile e costoso mantenere la presenza militare in quel paese asiatico. Perché? Evidentemente, perché hanno capito che non è possibile sconfiggere i Talebani. Come mai gli eserciti più forti del mondo non sono riusciti a battere quello che i media presentano come un manipolo di guerriglieri fondamentalisti islamici? Se consideriamo che neanche l’esercito della potente Unione Sovietica era riuscito a sconfiggerli, allora, probabilmente, questi Talebani non sono così come vengono descritti dai mass media occidentali. Si tratta di una forza ben radicata nel Paese, sostenuta da una militanza collettiva su larga scala e da una visione religiosa largamente condiviso. Del resto, è noto che nella concezione islamica non ci può essere separazione tra religione e stato. Quindi, in quel Paese, l’Islam secondo l’approccio talebano è il fondamento civile, economico e istituzionale sul quale si fonda l’intera società. Ovviamente, c’è una minoranza che non la pensa così e purtroppo sembra non avere altra scelta che sottomettersi al volere della maggioranza oppure emigrare.

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Chiesa e infosfera. L’opinione pubblica sulla Chiesa in Italia. Una ricerca sul campo

Immagine copertina

Per indagare le dinamiche di formazione dell’opinione pubblica sulla Chiesa cattolica italiana occorre applicare le teorie classiche tenendo presente il nuovo scenario informativo e comunicativo costituito dall’infosfera e caratterizzato dall’esistenza onlife. In tal modo si può comprendere come le informazioni sulla Chiesa diventano un argomento di discussione pubblica e qual è il ruolo giocato dagli opinion leader, oppure si può osservare che esse rimangono confinate nella sfera privata a causa dei pregiudizi e del clima d’opinione presente nella società. Questo volume può essere un utile strumento da impiegare nell’attuale cammino sinodale della Chiesa.

 

INTRODUZIONE

In ogni aggregazione umana, nell’intera società come nei gruppi più piccoli, si genera una particolare dinamica sociale e comunicativa che si concentra intorno a determinate tematiche; tale fenomeno è comunemente chiamato “opinione pubblica” (OP) e si presenta animato da convinzioni, orientamenti, pregiudizi, ipotesi e immaginario collettivo.

L’OP è una realtà che interessa la Chiesa1 perché essa partecipa al suo processo di formazione come attore prestigioso proprio per il ruolo sociale molto importante che ricopre.

Il flusso continuo di informazioni che alimenta l’OP appare oggi accelerato dallo sviluppo delle tecnologie digitali e frammentato nella pluralità dei canali tradizionali, istituzionali, digitali e interpersonali che compongono l’infosfera2; cionondimeno, l’informazione ricopre una posizione sempre più rilevante nell’esperienza dell’individuo, tanto da diventare protagonista dei cambiamenti “rivoluzionari” che l’umanità sta vivendo.

Anche la comunicazione sulla Chiesa, sui suoi valori e sulle sue opere viaggia nell’infosfera e risente delle caratteristiche di parcellizzazione e accelerazione delle informazioni.

La presente ricerca si propone di studiare attraverso un’indagine sul campo quella parte d’informazione che riguarda la Chiesa nel peculiare contesto italiano e che, raggiungendo determinati soggetti, genera OP, condizionando così tutto l’ambiente informazionale. In altre parole, questo studio vuole analizzare lo stretto rapporto tra Chiesa, infosfera e OP in Italia.

Nonostante indichino realtà familiari, i tre termini succitati risultano di difficile circoscrizione, dal momento che ciascuna delle molteplici discipline che li studiano fornisce una propria spiegazione, in nessun caso esaustiva. In questa ricerca, dopo aver dato conto dei vari approcci teorici, tra le varie opzioni a disposizione sarà scelta quella che si ritiene più consona al tipo di indagine da effettuare, ma allo stesso tempo affidabile e che abbracci il più ampio spettro di significati possibili.

Per quanto sia di solare evidenza il sussistere, all’interno di ogni agglomerato umano, di giudizi sugli eventi condizionati da riferimenti culturali, sociali, economici e religiosi, stabilire in che modo essi si formino, si diffondano, si consolidino, mutino nel tempo e convergano in un orientamento collettivo, corrispondente all’OP, è impresa ardua. Sembra conveniente approcciarsi all’OP non come a un soggetto né come a un oggetto, ma piuttosto interpretandola come un processo, alla cui formazione contribuisce un complesso di dimensioni psicologiche, sociali, politiche e comunicative coinvolgente diversi attori sulla scena pubblica. Per ridurre tale complessità, è utile raggruppare gli attori sociali nei seguenti ambiti specifici secondo uno schema quadrangolare della sfera dell’opinione o “doxasfera”: moltitudini differenziate, gruppi di pressione, media di massa, decisori politici o di altre istituzioni3.

Anche il concetto di Chiesa si presenta multiforme poiché in essa convivono diverse dimensioni: umana e divina, istituzionale e carismatica, clericale e laicale, universale e locale. Tutto ciò ha dato origine a numerosi modelli ecclesiologici, la coesistenza dei quali è chiaro indice della varietà di opinioni, relazioni, prospettive teologiche e pastorali, nonché di sensi della fede che, animando la Chiesa, generano diversi modi di intenderla. Tant’è vero che il Concilio Vaticano II ha proposto per la Chiesa la definizione di “mistero”4, ma essa è certamente inapplicabile in un’indagine scientifica; pertanto, in questa sede si preferisce adottare una nozione che soddisfi tanto l’aspetto teologico quanto quello sociologico, descrivendo la Chiesa come “popolo di Dio”.

In ultimo, il concetto di infosfera, formulato da Luciano Floridi, pare il più adeguato a definire l’ambiente comunicativo digitale e connesso in cui è immerso oggi l’essere umano e che, esaltando la sua natura informazionale, lo mette in relazione ad altri agenti biologici e tecnologici, permettendogli di sviluppare, all’interno della network society, legami solidali dentro reti territorialmente disperse. L’uomo, di fatto, è compartecipe di una rivoluzione comunicativa che influisce su tutti gli aspetti dell’esistenza, non ultimi il rapporto con il trascendente e la formazione delle opinioni.

Allo scopo di comprendere se e in che misura le informazioni sulla Chiesa acquisite dalle moltitudini in questo nuovo contesto stimolino il processo di formazione dell’OP, si fa tesoro degli studi sul “flusso di comunicazione a due o più livelli”5, condotti da Paul Felix Lazarsfeld, Eliu Katz e altri, e sulla “spirale del silenzio”6, sviluppati da Elisabeth Noelle–Neumann.

Gli aspetti controversi legati allo sviluppo della comunicazione digitale e connessa, tra i quali si possono citare il surplus informativo, il digital divide, la formazione di echo chambers, il fandom, la viralità della diffusione dei contenuti, permettono alle teorie del two–step flow e della spirale del silenzio, opportunamente declinate nel paradigma digitale, di conservare la loro attualità.

Gli studi sull’influenza personale possono utilmente spiegare il ruolo di leader d’opinione svolto oggi dai network online, che mediano le informazioni su più livelli miscelando influenze mediali e interpersonali. In questo scenario si inseriscono anche le figure degli influencer, individui che conquistano un ampio seguito sui social network grazie al proprio carisma personale o alla propria autorevolezza in particolari settori, al punto da condizionare il comportamento, i gusti e le opinioni della gente molto più di quanto riescano a fare i media. In linea con questa teoria, anche l’informazione che viene acquisita sulla Chiesa dovrebbe diventare oggetto di confronto con le persone che vengono ritenute più informate e più competenti. La ricerca punta a tratteggiare il profilo degli attuali opinion leader sulla realtà ecclesiale per comprendere se sono gli stessi del passato o ne sono sorti di nuovi, se sono i membri del clero, alcuni fedeli particolarmente impegnati o carismatici, oppure persone avverse alla religione cattolica.

Anche la teoria della spirale del silenzio mantiene la propria validità perché i media sono ancora capaci di creare un clima d’opinione, che si aggiunge a quello emergente dall’interazione quotidiana fra le persone, e di svolgere la funzione di articolazione discorsiva, fornendo agli individui argomentazioni e strumenti per sostenere le loro convinzioni e mettere a tacere quelle non condivise. Questo studio prova a ritestare la spirale del silenzio nel nuovo scenario mediatico e nel clima d’opinione attualmente presente in Italia, non sempre favorevole alle posizioni della Chiesa.

La dinamica dell’OP riguarda anche la realtà ecclesiale da due punti di vista: ad extra, in quanto la Chiesa prende parte al processo opinionale che si svolge nella società con un ruolo attivo, e ad intra, perché la compagine ecclesiale, come entità sociale, vive la formazione dell’OP anche al proprio interno.

La Chiesa partecipa alla vita sociale come un “gruppo portatore di interessi”, poiché ha dei valori e delle visioni del mondo che vuole condividere con gli altri attori presenti sulla scena pubblica. I suoi membri sono inseriti nelle moltitudini dei cittadini e ciascuno è parte di una rete di relazioni umane alla quale trasmette le istanze promosse dalla Chiesa.

L’avanzata della comunicazione digitale e connessa ha determinato da un lato inedite possibilità di approvvigionamento dell’informazione sulla realtà ecclesiale da parte dei pubblici e dall’altro la necessità per la Chiesa stessa di ripensare e modificare la propria comunicazione. Inoltre, lo sviluppo della rete informatica e la facilità di accesso a Internet anche in mobilità ha dato ai fedeli una possibilità concreta di contribuire al clima d’opinione interno ed esterno alla Chiesa, di essere cioè dei prosumer7 dell’informazione ecclesiale.

Nell’agone sociale la Chiesa è presente con strumenti d’informazione propri (radio, tv, giornali, Internet); inoltre, gli uffici di comunicazione istituzionale fanno sì che altri media si occupino delle issue, delle istanze e delle azioni promosse dalla compagine ecclesiale. Un compito non trascurabile nell’ambito dell’informazione della e sulla Chiesa è svolto dalla predicazione e dalla comunicazione operata dalle comunità cristiane sul territorio, che si affianca a quella istituzionale nel presentare l’immagine della Chiesa.

Perché tale dispiegamento di forze comunicative sia efficace, però, è necessario che l’offerta informativa intercetti e soddisfi la domanda delle moltitudini, che oggi hanno a disposizione una pluralità di canali comunicativi da cui attingere le informazioni sulla Chiesa. Una strategia comunicativa coordinata, coinvolgente, incisiva e convincente non sempre è sufficiente: è necessario infatti che la comunicazione generi un dialogo innanzitutto tra i credenti e poi tra questi e le moltitudini.

Con l’avvento delle tecnologie digitali e lo sviluppo della rete Internet, al paradigma comunicativo “uno a molti” si è sostituito quello “da molti a molti”: al singolo consumatore è richiesto, anzi, si sollecita un intervento sempre più attivo nella produzione comunicativa, che sfocia nell’autocomunicazione nella forma della gestione di uno spazio personale, come un profilo sui social network. In tal modo, la distinzione tra sfera pubblica e privata, tra online e offline, tra reale e virtuale è andata sempre più sfumandosi: l’esistenza umana è ormai onlife. Tutto ciò richiede anche ai membri della Chiesa una maggiore coerenza tra l’informazione che producono, anche involontariamente, il loro credo e la loro vita.

In questo contesto, che segna il passaggio dalla società dell’informazione alla società informazionale, ovvero da una società in cui l’informazione è importante a una società “fatta” di informazioni, eventi e discorsi si mescolano, realtà e commenti si confondono e le fake news diventano un problema sociale. I conflitti di opinione risultano così spostati nella nuova sfera pubblica dell’ambiente digitale.

Indagare sul campo tutto ciò attraverso una ricerca sociale significa capire meglio: in che modo le moltitudini differenziate di persone praticanti, solo credenti e non credenti usufruiscono di informazioni sulla Chiesa, sui suoi valori, sul suo messaggio e sul suo operato; quanta parte di queste informazioni che raggiungono le moltitudini proviene dall’istituzione ecclesiale e dal dialogo tra i fedeli; quanta parte arriva invece dal sistema mediatico laico; e quanta parte ancora è trasmessa da organizzazioni contrarie alla Chiesa e se questa comunicazione possa ritenersi obiettiva oppure costituita da inesattezze o falsità; in che misura, infine, l’informazione diventa dialogo interpersonale e comunitario.

Una ricerca specifica su questi temi rappresenta una novità nel panorama italiano e può fornire indicazioni utili a comprendere in quale direzione si sta muovendo il clima d’opinione sulla Chiesa e a valutare l’efficacia dello sforzo comunicativo prodotto dalla Chiesa nell’attuale scenario digitale.

Sono numerose le indagini empiriche che, da un lato, hanno rilevato in modo generale le modalità di accesso e fruizione dell’informazione da parte degli individui e, dall’altro, hanno indagato la religiosità e la vicinanza o lontananza delle persone, soprattutto giovani, dai temi della fede. Di tali ricerche, di tipo sia qualitativo sia quantitativo, condotte da prestigiosi istituti, si darà conto nel corpo della presente ricerca. Sembrano invece scarseggiare gli studi concernenti l’uso che le persone fanno degli strumenti di comunicazione per informarsi sulla Chiesa e l’incidenza sulla formazione dell’OP sulla realtà ecclesiale. Si è deciso così di provare a inoltrarsi in un terreno d’indagine non ancora molto perlustrato dagli studiosi, quello della fruizione mediatica legata all’informazione ecclesiale, soprattutto nel nuovo contesto digitale e iperconnesso, cercando di dare un contributo alla riflessione collettiva sulle modalità di costruzione dell’OP, delle immagini e degli immaginari che riguardano la Chiesa.

La ricerca sul campo viene condotta somministrando un questionario online a un campione di convenienza, per ragioni logistiche ed economiche non statisticamente, ma socialmente rappresentativo8. I risultati ottenuti sono poi analizzati con l’ausilio di software specifici per l’elaborazione statistica. Per integrare e approfondire le informazioni così ottenute, si adottano gli strumenti qualitativi dei focus group e delle interviste ad alcuni esperti9; la combinazione di modalità di ricerca quantitativa e qualitativa garantisce, infatti, una maggiore attendibilità degli esiti dell’indagine.

L’intero lavoro, diviso in una parte teorica e una parte empirica, si compone di quattro capitoli, oltre all’introduzione, alla conclusione e all’apparato bibliografico.

Il primo capitolo è dedicato all’esame delle più importanti teorie sull’OP; si individuano gli ambiti attoriali della scena pubblica quali artefici del processo di costruzione del clima d’opinione all’interno della doxasfera. Si passa poi alla definizione delle moltitudini e delle dinamiche opinionali che vivono al loro interno, con l’ausilio delle già citate teorie del flusso di comunicazione a due o più livelli e della spirale del silenzio, delle quali vengono evidenziati aspetti significativi e punti deboli alla luce del nuovo contesto socio–comunicativo, anche in relazione all’informazione sulla Chiesa.

Nel secondo capitolo viene presentato il nuovo ambiente informativo e comunicativo, caratterizzato dall’emergere dei media digitali e connessi e dalla vita onlife, che generano una nuova socialità con grandi potenzialità e non pochi pericoli. L’infosfera pone numerose sfide anche alla realtà ecclesiale, spingendola ad adottare dinamiche comunicative adeguate al nuovo scenario e alla sua natura di “popolo di Dio” e, allo stesso tempo, le mette a disposizione strumenti e chance per sviluppare la “sinodalità”.

Il terzo capitolo contiene la descrizione delle caratteristiche della ricerca empirica condotta e la definizione dell’oggetto, degli obiettivi e delle ipotesi relative all’indagine, insieme all’esposizione dettagliata degli strumenti utilizzati durante le varie fasi della ricerca.

Al centro del quarto capitolo c’è l’analisi puntuale dei dati raccolti attraverso il questionario, integrata con la sintesi del lavoro svolto nei focus group e delle interviste agli esperti.

Nella conclusione si ricostruisce il percorso di ricerca svolto mettendo in evidenza in che modo le informazioni acquisite sulla Chiesa hanno la possibilità di influenzare l’OP e valutando in quale misura le ipotesi formulate in partenza siano state verificate. Infine, si suggeriscono percorsi ecclesiali generativi di OP sull’immagine di Chiesa popolo di Dio e si propone qualche riflessione critica, segnalando i limiti del lavoro svolto e indicando i possibili campi di sviluppo.

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1In questo lavoro per “Chiesa” si intende sempre la “Chiesa cattolica apostolica romana”.

2Cf. Floridi, La quarta rivoluzione, 44–45.

3Cf. S. Cristante, Potere e comunicazione. Sociologie dell’opinione pubblica, Liguori, Napoli 2004, 235.

4Cf. Concilio Vaticano II, Cost. dogmatica Lumen gentium, 21 novembre 1964, n. 1–8, in Acta Apostolicae Sedis (= AAS) 57 (1965) 5–12.

5Cf. E. Katz – P.F. Lazarsfeld, L’influenza personale nelle comunicazioni di massa, ERI, Torino 1968.

6Cf. E. Noelle–Neumann, La spirale del silenzio, Meltemi, Milano 2017.

7Cf. A. Toffler, The Third Wave, William Morrow, New York 1980, 26–27.

8Cf. L. Frudà, Strategie e tattiche di selezione dei casi, in L. Cannavò – L. Frudà (Edd.), Ricerca sociale. Dal progetto dell’indagine alla costruzione degli indici, Carocci, Roma 2007, 130–139.

9Gli intervistati sono: Vincenzo Corrado, Cecilia Costa, Stefano Cristante, Rocco D’Ambrosio, Guido Gili, Norberto Gonzalez Gaitano, Mario Morcellini, Pier Cesare Rivoltella, Paolo Ruffini.

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