Dio non c’entra. O forse sì?

Il coronavirus ha letteralmente squassato la vita di tutti noi. Inaspettato, insidioso, potente ci ha costretto a rimanere a casa per due mesi. Per un certo tempo continuerà a circolare tra la popolazione mondiale, condizionando le abitudini e gli stili di vita e, anche dopo la scoperta del vaccino, i nostri atteggiamenti fisici e mentali probabilmente rimarranno per lungo tempo condizionati.
Vorrei proporvi una riflessione che vada al di là dei numeri del contagio, delle istruzioni per il distanziamento sociale, delle norme da seguire per evitare la diffusione della malattia, temi sui quali abbiamo forse raggiunto il limite della saturazione cerebrale.
Ho sentito poche persone lamentarsi con Dio per la situazione che si è venuta a creare. Era consuetudine, dopo un terremoto o un’altra calamità, sentire persone attribuire a Dio la colpa di quanto successo o, almeno, interrogarsi sul suo ruolo nella vicenda.
In realtà c’è stato qualche sparuto intervento per sostenere che questo virus sia la punizione divina per qualche peccato, ma evidentemente il ragionamento non regge se si considera che quasi sempre a pagare le conseguenze di queste presunte punizioni divine sono persone deboli e semplici, proprio quelle che Dio ama.
In generale, però, mi è sembrato che Dio sia stato poco coinvolto nella vicenda. Potrebbe essere il segno di una maggiore consapevolezza da parte degli esseri umani del fatto che molte volte sono loro stessi la causa dei mali che affliggono il mondo e, nel caso specifico, pochi hanno creduto che questo virus sia spuntato dal nulla, quasi in modo “naturale”. Dunque Dio non c’entra, mentre probabilmente c’entrano gli uomini che volendo farsi come Dio, manipolano la natura generando dei mostri. Ma questo, probabilmente, lo sapremo tra qualche decennio.
Tuttavia, il mancato coinvolgimento di Dio nell’attribuzione delle colpe del coronavirus, potrebbe rappresentare anche una certa emarginazione della trascendenza dalla vita delle persone. Dio non c’entra, ma non soltanto per quanto riguarda il virus, non c’entra in generale con la vita delle persone.
Certamente si sono registrati un po’ dovunque segnali di incremento della preghiera personale e familiare e di solidarietà verso i bisognosi. Ma se queste cose vengono fatte senza interrogarsi sul ruolo di Dio nelle vicende umane e personali, potrebbero rappresentare ancora una volta il tentativo di superare l’emergenza e non un’occasione per dare un senso nuovo alla propria esistenza. Infatti, soprattutto in Italia, siamo ormai abituati ad affrontare le emergenze, senza mai risolvere i problemi strutturali. Anche nella vita spirituale corriamo questo rischio.
C’è un’emergenza? Allora preghiamo, aiutiamoci ma, quando l’emergenza passa, torniamo alla solita vita. Anche lo slogan ufficiale di questa pandemia “andrà tutto bene” a mio avviso può nascondere quell’atteggiamento mentale tipicamente italiano: “ha da passa’ ’a nuttata”. Certamente resta valido il detto primum vivere deinde filosofare, ma qui non si tratta di speculazioni filosofiche, si tratta di vivere con fede. Un atteggiamento di fede, infatti, all’augurio “andrà tutto bene” preferisce la certezza biblica “tutto concorre al bene” (Rm 8, 28). Dio c’entra nella vita degli uomini, non perché sia causa del male, o solo perché ha il potere di farcelo scampare, ma perché egli sa trarre il bene anche dal male.
Il coronavirus, dunque, ci offre un’ulteriore e magnifica occasione di riflettere sul ruolo di Dio nella nostra vita. Occorre essere attenti a non sprecarla perché si tratta di un esercizio fondamentale per tutti coloro che cercano la verità.

Dio non c’entra. O forse sì?ultima modifica: 2020-06-20T14:31:22+02:00da ruggierodoronzo
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