Ma Dio potrà perdonarmi? Alcune volte il peso degli sbagli commessi opprime la mente, il cuore e la coscienza di un essere umano e può portarlo alla disperazione. Il peccato che in un primo momento sembrava una cosa buona e giusta, dopo averlo commesso presenta il conto dell’insoddisfazione e del malessere. A questo punto la profonda convinzione che alberga dentro di noi, cioè che Dio sia a nostra immagine e somiglianza e che adotti i nostri stessi criteri di giudizio e di condanna, ci porta spesso a dubitare della sua misericordia e del suo perdono. Gli avvenimenti dolorosi della vita, che sarebbero comunque successi, vengono subito letti come una punizione divina. La mente viene affollata da domande del tipo: «ma Dio mi sta punendo?» oppure «potrà mai perdonarmi?».
È successo di recente che persone con tale sofferenza dello spirito si siano rivolte a me per trovare qualche risposta. Io ho cercato di rasserenarle spiegando loro che il cuore di Dio è simile al cuore di una donna anziana che mi è capitato di incontrare e di ascoltare per qualche minuto. Mi ricordo bene il breve racconto della sua storia e, soprattutto, la profonda angoscia che provava per il figlio tossicodipendente. Mi disse che il figlio aveva iniziato a drogarsi a quindici anni e da allora la vita di tutta la famiglia era diventata un inferno. Il figlio non solo aveva portato via tutti gli oggetti di valore familiari, ma rubava ovunque, spacciava droga e più volte era stato in carcere. In preda a violenti raptus egli aveva distrutto parti della casa dove abitava con i genitori e, una volta, aveva tentato pure di uccidere la madre. La cosa che ha suscitato in me un’enorme impressione è stata che il racconto di tutte queste cose tragiche si concluse con una frase, accompagnata dagli occhi lucidi e mesti: «però è mio figlio». Ecco, pensai, come si comporta Dio nei nostri confronti! Egli non fa finta di niente ma, pur mostrandoci i nostri errori, alla fine non può che concludere sempre dicendo: «però sei mio figlio».
Il vostro affezionatissimo fra Ruggiero Doronzo.