L’età è quantità di vita

Preso da mille occupazioni quotidiane mi sono ritrovato alla soglia dei quarant’anni di vita. Già altre volte ho detto che sono affascinato dal considerare il passare del tempo in riferimento al movimento cosmico. Sono vissuto per otto lustri su una specie di nave spaziale che viaggia a circa 106mila km all’ora intorno al sole, gira su se stessa a circa 1200 km/h, si muove nella via lattea alla velocità di 729mila km/h e si sposta con tutta la galassia verso zone remote dell’universo alla velocità di 3.600.000 chilometri all’ora. Non so voi, ma io spesso mi domando: dove stiamo andando così di fretta? Sembrerebbe che ogni cosa si muova per attrazione. Credo che ci sia una forza nell’universo che ci attrae e in questo movimento cosmico anche il tempo passa non perché viene consumato o si perde, ma perché viene attratto da qualcosa di più grande, immenso, infinito.

Come mai una riflessione del genere legata al compleanno? La relazione è presto detta: gli anniversari sono momenti per esprimere i desideri e questi vengono dalle stelle (de-sidera).

In questa fase della mia vita sento di nutrire pochi desideri terreni e molte aspirazioni cosmiche, di armonia, di spazi estesi e di movimento. E pur avendo trovato l’Infinito, spesso canticchio una frase degli U2: But I still haven’t found what I’m looking for.

Nella persona umana l’età non rappresenta soltanto un fatto biologico, che misura il percorso di sviluppo o di decadimento della macchina-corpo. L’età è quantità di vita, cammino percorso tra l’analisi di ogni cosa e la sintesi che la segue, l’accumulo di zavorra e la necessaria selezione per liberarsene.

Quando si vuole parlare di questioni umane non si può non fare riferimento a quel concentrato di esperienza umana che è la Bibbia. Sì, esperienza umana letta, o riletta quando altre letture non ne rendevano il senso, alla luce della fede. Non a caso nella Bibbia il numero quaranta indica un tempo completo, un tempo che prepara la svolta, il giro di boa sospinti dall’intervento divino. Il popolo di Israele dimora in Egitto per quattrocento anni perché maturi nella consapevolezza di essere un popolo debole e bisognoso di liberazione. E poi cammina per quarant’anni nel deserto perché conosca cosa c’è nel suo cuore. Gesù trascorre nel deserto un tempo di quaranta giorni per riflettere sulla sua dimensione esistenziale: su se stesso, sulla fragilità della condizione umana, sulla sua missione, sul suo rapporto con Dio e con il resto del mondo.

Nella vita dell’uomo, però, quaranta anni non sono soltanto un’età simbolica, ma rappresentano quel “mezzo del cammin di nostra vita” di cui parlò uno dei più grandi esploratori dell’animo umano. Dante aveva un’aspettativa di vita di settanta anni, basata anche sul salmo che dice: gli anni della vita sono settanta, ottanta per i più robusti… e noi siamo diventati certo più robusti. Niente però ci impedisce di poterci ritrovare in quella selva oscura da dover attraversare per tornare poi a riveder le stelle.

È facile che in periodi di transizione come questo i sottili mali dell’anima affiorino all’improvviso e nei momenti in cui meno ci si aspetta. I conflitti irrisolti, che irrompono nel cuore senza chiedere permesso, è conveniente accoglierli con rispetto e gentilezza ma, anche, con familiarità e ironia come fossero vecchi amici, parte dell’esistenza di ognuno. Solo in questo modo possono diventare una fonte ispiratrice di poesia, di tolleranza e di paziente attesa che una luce fioca si affacci a illuminare la via d’uscita riempiendoci di gioia.

 

L’età è quantità di vitaultima modifica: 2013-02-01T09:00:00+01:00da ruggierodoronzo
Reposta per primo quest’articolo
Questa voce è stata pubblicata in EDITORIALI su l'Aurora Serafica e contrassegnata con , . Contrassegna il permalink.