Una via d’uscita

 

La crisi economica di grandi e inaspettate proporzioni che attanaglia il mondo occidentale affonda le sue radici nello strapotere della finanza speculativa, nel mancato protagonismo lavorativo dei giovani e nelle ingenti risorse assorbite dai debiti e sottratte allo sviluppo. Ciò è vero, ma non è tutto, perché sotto i nostri occhi c’è principalmente uno stallo sociale e poi economico. Per entrambi i fenomeni c’è un denominatore comune, decisivo per il futuro dell’intero occidente: la natalità. Anzi, la denatalità, perché purtroppo i dati confermano che stiamo attraversando, a livello europeo, un inverno demografico che ha pochissimi precedenti nella storia e può essere numericamente paragonato al periodo della peste nera.

Alla fine del Settecento, Thomas Robert Malthus elaborò un modello matematico volto a dimostrare che la crescita della popolazione avrebbe esaurito le risorse disponibili. Nonostante la teoria di Malthus avesse evidenti lacune, ad esempio non prevedeva lo sviluppo tecnologico finalizzato alla produzione, fu ugualmente accreditata come scienza e si è fatta strada fino a giorni nostri, attraverso i neomalthusiani, che negli anni 1968-1975 convinsero il mondo che prima dell’anno 2000 centinaia di milioni di persone sarebbero morte di fame, soprattutto in Asia. Mai profezia fu più falsa! Infatti, non solo ciò non è successo, ma detti Paesi, grazie alla popolazione, sono diventati prima benestanti e poi tanto ricchi da poterci oggi comprare.

La crisi in corso si alimenta grazie alla recessione delle nascite nel mondo occidentale iniziata intorno al 1975. Detto crollo ha provocato la contrazione dello sviluppo economico e l’aumento dei costi fissi dovuti all’invecchiamento della popolazione con il conseguente aumento delle imposte e la flessione del risparmio prodotto.

Il nesso inscindibile tra economia e denatalità è stato dimostrato, attraverso puntuali riflessioni economiche dal prof. Ettore Gotti Tedeschi, già docente di Strategia finanziaria, in diversi scritti e conferenze. Il suo pensiero trova riscontro nei modelli di crescita economica classici, ad esempio quelli di Solow e dello stesso Keynes, e nelle riflessioni di altri celebri studiosi come Alfred Sauvy e Ben Wattenberg.

Se è vero che nella crescita delle nuove generazioni si cela l’assicurazione sulla vita di una comunità, la situazione italiana è estremamente preoccupante a causa della denatalità favorita dal diffondersi di una mentalità abortista e contraccettiva. Oggi all’appello mancano oltre 5 milioni di bambini, solo in parte sostituiti dagli immigrati, e si prevede che se i tassi di natalità non aumenteranno, la popolazione anziana supererà definitivamente quella giovane, destabilizzando più di quanto già non lo sia il nostro equilibrio sociale e previdenziale. Si può, dunque, facilmente affermare che chi non vuole la crescita della popolazione, in realtà, non voglia la crescita economica e l’incremento del benessere.

Incoraggiando la ripresa a sposarsi e a fare figli, contrapponendo la speranza a ogni cinico pragmatismo, si avvierebbe immediatamente un ciclo antidepressivo tanto economico quanto sociale. Infatti, la famiglia produce capitale umano e supporta la produzione, il risparmio, l’investimento, la creazione di ricchezza. Produce stimoli competitivi nell’educazione, formazione e sostegno dei figli. Garantisce l’assistenza e la redistribuzione del reddito al suo interno, facendo da volano alla produzione di talenti e di ricchezza qualitativa e quantitativa sostenibile per la società.

Oggi che le idee per la ripresa mancano, il progetto famiglia ritorna a essere fondamentale. Una comunità che rinuncia a generare la vita, è vittima di una precarietà ben più grave di tutte le altre.

Una via d’uscitaultima modifica: 2012-01-17T00:18:19+01:00da ruggierodoronzo
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