L’imbarazzo di una tragedia

L’ultimo numero del 2011 esce a un mese esatto dalla tragedia che ha colpito la città di Barletta e nella quale sono morte cinque donne. Per diverse ragioni voglio dedicare questo editoriale al ricordo di quel tragico avvenimento. Non posso nascondere innanzitutto la motivazione affettiva, visto che il palazzo crollato era a pochi metri dalla casa nella quale sono cresciuto e dalla parrocchia dei frati cappuccini. Quante volte ho percorso il vicolo stretto che da casa mia conduce immediatamente a quelle palazzine d’inizio ‘900 addossate l’una all’altra, proprio lì sotto lo sguardo della statua di san Francesco con le braccia allargate in segno di accoglienza!

Poi voglio affidare alle preghiere di tutti i lettori di questa rivista, nel mese dedicato al ricordo dei cari defunti, le nostre sorelle Matilde, Giovanna, Antonella, Tina e Maria. Il Signore abbia misericordia di loro, di tutti quelli che hanno avuto qualche responsabilità nella loro morte e dia consolazione alle famiglie così duramente provate.

Infine voglio ricordare queste giovani donne per compensare lo scarso peso mediatico che è stato dato alla loro tragedia. A giudicare dallo spazio che i giornali e gli altri mezzi di informazione hanno riservato al crollo di Barletta, sembra che sotto il peso di quelle macerie si sia voluto seppellire anche la coscienza civica di un popolo. La prova sta nel fatto che una sciagura dal sapore tipicamente italiano, frutto di una formula composta di lavoro nero, irregolarità edilizie e inadempienze nei controlli, è stata relegata in terza o quarta pagina per dare spazio a quelle fictions, anch’esse tipicamente italiane, dei processi e delle intercettazioni ai politici.

Qual è il criterio che i media usano per selezionare le notizie e per assegnare loro un certo grado di importanza? Che cosa spinge i giornalisti a riservare la prima pagina ad Amanda Knox e Raffaele Sollecito, alla morte di Steve Jobs, alla crisi finanziaria, e non a cinque giovani donne che trovano la morte in un posto dove si lavora per 3,95 euro l’ora?

Probabilmente si preferisce stendere un velo, anzi un bel cumulo di macerie, sulle problematiche reali della nostra società per deviare l’attenzione dell’opinione pubblica con divagazioni su temi più eccitanti. O forse è proprio l’impermeabilità dell’opinione pubblica anche alla triste fine di cinque giovani vite il segno più evidente di una profonda crisi morale. Se la società italiana non si lamenta di vedere eclissata dalla scaletta degli argomenti su cui discutere, preconfezionata dai mass-media, il ricordo delle vittime e le cause delle tragedie, faccia pure! In questa rivista e nelle nostre coscienze, invece, vogliamo continuare a tenere alto il ricordo delle persone la cui morte si poteva evitare e a sollecitare l’opinione pubblica sui temi sociali e morali dell’esistenza dignitosa e più sicura per tutti.

 

 

L’imbarazzo di una tragediaultima modifica: 2011-11-11T20:25:00+01:00da ruggierodoronzo
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