Sulla questione dei profughi siriani è stato versato un fiume d’inchiostro e di sangue, ci sono stati slanci di solidarietà e strumentalizzazioni politiche, inviti accorati e barriere di filo spinato. Nei confronti dei profughi, occorre ribadirlo, è necessario adottare un atteggiamento solidale e compassionevole, tuttavia vorrei evidenziare che, a mio parere, poche persone si domandano: perchè ci sono così tanti profughi?
Ho provato a fare un sondaggio tra amici e conoscenti incontrati nell’ultimo mese. Alla domanda sul perchè ci sia una massa di profughi che vuole entrare in Europa, quasi tutti hanno risposto: «Perchè quei poveracci fuggono dalla guerra». Solo qualcuno non sapeva dare una risposta. A quel punto ho domandato: da quale guerra scappano? Poco più della metà ha risposto: «Dalla Siria»; altri hanno detto: «da varie guerre». Allora ho chiesto: ma perché c’è la guerra in Siria? A questa domanda le risposte si sono fatte più vaghe. Perchè c’è un dittatore, ha risposto qualcuno in modo non troppo convinto, mentre la maggior parte malcelava la propria disinformazione.
Il punto della questione è prorpio questo. Non interrogarsi sulle cause della guerra in Siria, e più in generale sul fenomeno migratorio, parlando genericamente solo di accoglienza e di apertura delle frontiere, a me sembra un atteggiamento per nulla lungimirante.
Ebbene, la guerra in Siria, come i moti della così detta “primavera araba”, si stanno dimostrando come il modo più semplice e veloce di trasformare gli stati laici del Nord Africa e del Medio Oriente in stati islamici, facendo scomparire ogni traccia di cristianesimo, e di islamizzare l’Europa invadendola ogni anno con milioni di musulmani.
Il patriarca di Gerusalemme Twal ha dichiarato (Avvenire del 15-9-2015, p. 10): «Nella questione siriana l’Occidente ha gravi colpe. Il tentativo di spodestare un regime (che tra l’altro ha sempre combattuto il fondamentalismo islamico) ha causato 300mila morti e sette milioni di rifugiati. Non si è pensato minimamente alle conseguenze. Tuttora non vedo chi possa sostituire Assad. E non abbiamo imparato nulla dalle lezioni dell’Iraq e della Libia. È stato distrutto un Paese e si è dato mano libera allo Stato Islamico».
È innegabile che, nei Paesi a maggioranza musulmana, la dittatura laica ha rappresentato un modo efficace di far convivere pacificamente etnie diverse ed è stata anche l’unica protezione per la minoranza cristiana. Sovvertire quei governi non ha significato l’instaurazione della democrazia, bensì dittatura della maggioranza.
Lo stesso Patriarca, a proposito dei bombardamenti in Siria da parte di Stati Uniti e alcune nazioni europee, ha aggiunto: «A cosa serve? Solo a fare altri milioni di profughi. È una politica cieca. Se gli Usa volessero, in pochi giorni potrebbero farla finita con l’Is. Pensate che nel deserto ogni giorno passano convogli con i rifornimenti. E sono ben visibili dai satelliti. Perché vengono lasciati indisturbati?».
A questo punto toccherebbe tirare le somme ma, purtroppo, altri inquietanti interrogativi emergono con forza. Perché nelle pubbliche discussioni e nei media viene così poco evidenziato il fatto che rovesciare i regimi laici favorisce lo Stato Islamico? Sarà casuale che la maggiore responsabilità politica ricade sugli Stati Uniti dove c’è un Presidente nato in una famiglia islamica? Perché milioni di profughi, prevalentemente musulmani, si riversano in Europa mentre potrebbero trovarsi più a loro agio stanziandosi in paesi islamici benestanti come la Turchia, la Giordania, l’Iran, gli Emirati Arabi, l’Arabia Saudita, il Qatar, il Bahrain, il Kuwait? Quale sarà l’atteggiamento, una volta diveuti cittadini europei, di tutti questi milioni di profughi che hanno nel Dna del loro credo religioso l’identificazione tra religione e stato?
A tutte queste domande la storia darà risposta, ma di quella storia noi siamo gli artefici mentre le conseguenze, purtroppo, ricadranno su coloro che verranno dopo di noi.