Gli ultimi due Papi

Articolo pubblicato nella Rubrica “CONFRONTI” su “L’OSSERVATORIO” a Maggio 2008

 

Domanda del mese: Io credo che sia diffuso il bisogno di sentire la Chiesa parlare con un linguaggio più chiaro, meno orientato al passato o, quanto meno, di sentirla vicina alla gente e alle problematiche comuni. Invece mi sembra che da quando sia morto Giovanni Paolo II la Chiesa si sia chiusa in se stessa, si sia allontanata dalla gente, o almeno così la sento io, e si preoccupi di messe in latino e altre cose secondarie. Forse sta assumendo una posizione di retroguardia per non affrontare le grandi sfide del presente oppure sta assumendo un atteggiamento conservatore più consono all’attuale classe dirigente?

Quando si parla di Chiesa cattolica, si parla di una realtà grande quanto il mondo, con problematiche ma, anche, con una ricchezza spirituale di vaste dimensioni. Tra Giovanni Paolo II e Benedetto XVI ci sono delle cose in comune e, allo stesso tempo, delle differenze. Le cose in comune che io vedo sono: la santità personale, la vita di preghiera, l’intelligenza, la prudenza e la profondità di pensiero. Noto, allo stesso tempo, delle differenze che però non rappresentano una tragedia o un disvalore, ma, piuttosto, una ricchezza immensa. La Chiesa è una realtà multiforme e ha bisogno anche di esprimersi in modo diverso perché tutti si possano riconoscere in essa; la diversità può spaventare ma, se viene accolta senza pregiudizi, sicuramente arricchisce.

Le differenze più evidenti tra Carol Wojtyla e Joseph Ratzinger credo siano sostanzialemte due: diversità di personalità e diversità di formazione teologica. Sulla prima io dico: grazie a Dio non siamo tutti uguali. Il Signore ci ha fatto, allo stesso tempo, diversi perché potessimo aiutarci, e uguali perché non ci giudicassimo l’un l’altro. Anche la formazione intellettuale, come sai bene, incide molto sulla personalità. Quando una persona parla ci si può accorgere quasi subito della sua visione del mondo, della formazione intellettuale e dell’orientamento politico. Allo stesso modo un avvocato, per esempio, acquisisce una capacità di elaborazione degli avvenimenti secondo degli schemi giuridici, che poi esprime in modo diverso da come farebbe un medico e così via.

Giovanni Paolo II aveva una formazione, e quindi una forma espressiva, prevalentemente antropologica. Credo che il suo messaggio sottolineasse di più il fatto che Dio va in cerca dell’uomo, gli da una dignità, lo invita a riflettere su se stesso e sulle problematiche che lo circondano. Mi sembra che Benedetto XVI abbia un altro tipo di formazione, più teologica, e questo lo porti a sottolineare maggiormente la necessita che l’uomo ha di andare alla ricerca di Dio, di pensarlo, di scoprirlo per poter essere felice. Si tratta tuttavia di sfumature, di sottolineature, di accenti posti qua o là, ma che non cambiano la sostanza sulla quale i due Papi e tutta la Chiesa converge: Dio è amore. Chiunque cerchi la felicità e l’amore ha necessità di incontrarlo. Io spero che la visita del Papa alla Puglia serva, tra l’altro, a dissipare i pregiudizi che alcuni si portano dietro. Mentre Giovanni Paolo II era un papa da “guardare”, Benedetto XVI è un papa da “ascoltare” e molti, dopo aver ascoltato quello che aveva da dire, si sono ricreduti.

Fra Ruggiero Doronzo

Gli ultimi due Papiultima modifica: 2009-12-30T14:45:00+01:00da ruggierodoronzo
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