L’importanza dell’età

Articolo pubblicato nella Rubrica “CONFRONTI” de “l’OSSERVATORIO” a Aprile 2008

   Domanda del mese: Caro Padre sto attraversando un momento difficile della mia vita. Ho passato i quaranta anni, i figli sono cresciuti e, insieme con mio marito, devo reimpostare la mia vita. Tutto questo mi procura sofferenza e spesso angoscia. Solo la fede mi sostiene un poco.


   Come sai bene, l’età è un fatto importante in tutti gli esseri viventi, ma lo è ancora di più nella persona umana. Nella persona l’età non rappresenta soltanto un fatto biologico, di usura della macchina-corpo. L’età è quantità di vita, significa il cammino percorso tra l’analisi di ogni cosa e la sintesi che la segue, l’accumulo di zavorra e la possibilità di liberarsene. Nel tuo caso, l’avere tra i quaranta e i cinquanta anni spiega moltissime delle cose che non riesci a spiegarti.

   Quando si vuole parlare di umanità non si può non fare riferimento a quel concentrato di esperienza umana che è la Bibbia. Sì, esperienza umana letta, o riletta quando altre letture non ne rendevano il senso, alla luce della fede. Non a caso nella Bibbia il numero quaranta indica un tempo completo, un tempo che prepara la svolta, il giro di boa sospinti dall’intervento divino. Se ti ricordi, il popolo di Israele deve camminare per quaranta anni perché maturi nella consapevolezza di essere un popolo, e di esserlo in modo speciale. Gesù sta nel deserto un tempo di quaranta giorni per riflettere sulla sua dimensione esistenziale: su se stesso, sul suo rapporto con Dio e con il resto del mondo.

   Nella vita dell’uomo, però, quaranta anni non evocano soltanto un simbolismo ma rappresentano quel “mezzo del cammin di nostra vita” di cui parlò uno dei più grandi esploratori dell’animo umano. Dante aveva un’aspettativa di vita di settanta anni, basata anche sul salmo che dice: gli anni della vita sono settanta, ottanta per i più robusti….e noi siamo diventati certo più robusti. Niente però ci impedisce di trovarci anche noi in quella selva oscura da dover attraversare per tornare poi a riveder le stelle.

   Tornando ai tuoi “anta”, vorrei dirti qualcosa che mi suggerisce non l’esperienza diretta, ma la conoscenza della Sacra scrittura, che contiene le esperienze paradigmatiche dell’umanità intera, l’esperienza del confessionale e la familiarità con tanta gente come te.

   Innanzi tutto voglio dirti di non preoccuparti eccessivamente perché, come ti ho accennato, la tua è una esperienza umana comune a moltissime persone. La serenità, a volte, ce la dobbiamo imporre rassicurando il nostro cuore. È un momento di svolta, possiamo dire, simile a quello dell’adolescenza. Tuttavia credo che sia molto più sofferto di quello, sia per la consapevolezza e la maturità raggiunta, sia perché si avverte il peso della responsabilità delle persone care a cui si è legati. Mentre nell’adolescenza queste persone care si vuole volontariamente escluderle dalla propria intimità perché si ricerca il taglio del cordone ombelicale, ora, invece, si sente quasi l’obbligo di non coinvolgerle troppo per proteggerle dal personale malessere. A tal proposito mi è capitato di leggere il Giulio Cesare di Shakespeare e mi colpiva una frase che Marco Bruto dice al suo amico Cassio che lo vedeva diverso dal solito: «Cassio non t’ingannare: se ho velato il mio sguardo, incolpo solo me stesso del mio aspetto inquieto. Sono tormentato, ultimamente, da passioni contrastanti e pensieri che riguardano soltanto me e che si ripercuotono, forse, sul mio comportamento. Ma questo non deve affliggere i miei buoni amici. Né far loro interpretare la mia negligenza, se non col fatto che il povero Bruto, in guerra con se stesso, dimentica di mostrare affetto agli altri».

   Che bello poter mostrare che non siamo super-uomini. È il primo passo verso la libertà. Poi, come in ogni cosa, l’equilibrio tra tempi personali e confronto con la diversità di coloro che ci stanno accanto, la loro visione del mondo, aiuterà sicuramente a rasserenare l’ambiente e noi stessi. Ciò non toglie che, in questo periodo di transizione, i sottili mali dell’anima affiorino all’improvviso e nei momenti in cui meno li si aspetta. I conflitti irrisolti, che irrompono nel cuore senza chiedere permesso, è conveniente accoglierli con rispetto e gentilezza ma, anche, con familiarità e ironia come fossero vecchi amici, cioè parte dell’esistenza di ognuno. Solo in questo modo possono diventare la fonte ispiratrice di poesia, di tolleranza e di paziente attesa che si affacci una lucina a illuminare la via d’uscita riempiendoci di gioia. Come faremo se ci vien meno la speranza?


Fra Ruggiero Doronzo

L’importanza dell’etàultima modifica: 2009-12-30T14:57:00+01:00da ruggierodoronzo
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