Rapporto genitori-figli adolescenti

Articolo pubblicato nella Rubrica “CONFRONTI” de “L’OSSERVATORIO” a Giugno 2008

 

Domanda del mese: Sono un padre cinquantenne di tre figli adolescenti e non nascondo la difficoltà che avverto nel relazionarmi con loro. È difficile relazionarsi con una generazione cresciuta nell’abbondanza di tutto, influenzata dalla televisione, incollata ad internet e al telefonino.

Il problema della relazione tra le generazioni è vecchio quanto il mondo. Tuttavia è stato abbastanza contenuto nei periodi di stasi dello sviluppo sociale. Man mano che lo sviluppo ha accelerato i suoi ritmi, il divario generazionale si è reso più evidente. Credo, tuttavia, che l’uomo sia sempre lo stesso, le sue dinamiche di fondo sono e saranno sempre uguali finché ci sarà un essere che possa dirsi umano. L’adolescenza è un passaggio naturale. Ci siamo passati tutti, grazie a Dio. Ora è bello ricordare quegli anni e considerarli come un vero patrimonio, un tesoro di esperienze, incoscienze e amicizie. Ogni tanto mi ricordo qualcosa, incontro un amico o faccio riferimento a quegli anni per capire meglio come mi devo comportare oggi. Mi succede anche di ricordare quel periodo attraverso un cantante, Max Pezzali, che considero un romantico un po’ nostalgico dell’adolescenza. Le sue canzoni mi fanno tornare alla mente gli anni d’oro di happy days, gli anni di qualsiasi cosa fai e del motorino sempre in due. Anni in cui sperimenti anche la “regola dell’amico” e lo «strano percorso di ogni uno di noi, che neanche un grande libro o un grande film potrebbero descrivere mai per quanto è complicato e imprevedibile». Tuttavia sono anche anni per i quali puoi dire a chi ritieni te li abbia concessi: «grazie mille per ogni giorno, ogni istante, ogni attimo che mi è stato dato».

Credo che la consapevolezza di aver vissuto, bene o male, quel segmento di vita mi aiuti a non essere troppo moralista e poco indulgente con la possibilità che si commetta qualche sbaglio. Tuttavia sono convinto che, nonostante questo, non si debba assolutamente rinunciare al ruolo educativo di indicare il bene e il male. Anche se il compito gravoso dei genitori viene contestato, a volte deriso e combattuto, sono sicuro che in ogni ragazzo si nasconde una profonda riconoscenza, inespressa molte volte, per i genitori che gli indicano quello che è bene e quello che è male. Ogni uomo ha dentro di sè la coscienza, il nostro luogo più intimo, dove sappiamo con certezza ciò che è bene e ciò che è male. Quando ascoltiamo la voce dei genitori e questa corrisponde a quella della nostra coscienza, sicuramente la disprezziamo, tentiamo di metterla a tacere, ma allo stesso tempo questa ci rassicura, ci fa sentire amati e ci protegge dal commettere errori che potremmo rimpiangere per tutta la vita. In uno scritto della Bibbia che si chiama Lettera agli Ebrei ho letto questo passo che mi sembra attinente al discorso: «Qual è il figlio che non è corretto dal padre? Se siete senza correzione, mentre tutti ne hanno avuto la loro parte, siete bastardi, non figli! Del resto, noi abbiamo avuto come correttori i nostri padri secondo la carne e li abbiamo rispettati; non ci sottometteremo perciò molto di più al Padre degli spiriti, per avere la vita? Costoro infatti ci correggevano per pochi giorni, come sembrava loro; Dio invece lo fa per il nostro bene, allo scopo di renderci partecipi della sua santità. Certo, ogni correzione, sul momento, non sembra causa di gioia, ma di tristezza; dopo però arreca un frutto di pace e di giustizia a quelli che per suo mezzo sono stati addestrati» (Eb 12,7-2).

Per i genitori, è inutile nasconderlo, da quando i figli entrano nell’adolescenza si prospettano una decina di anni molto difficili, da affrontare senza scoraggiarsi, operando secondo la propria coscienza e non secondo i capricci dei figli, non perdendo la speranza che il futuro sarà migliore del presente. I ragazzi, però, sono più moralisti dei preti (è un modo di dire!), pronti a puntare il dito contro ogni minima incongruenza tra l’insegnamento e la vita, per cui occorre cercare di far sempre corrispondere questi due elementi e, comunque, non gettare la spugna se qualche volta non ci si riesce, ammettendo i propri errori perché serva ai giovani come insegnamento di vita.

L’adolescenza comporta il dover reimpostare in modo personalizzato quei rapporti e quelle tensioni che l’infanzia aveva pacificato. Quale rapporto devo avere, si domanda il giovane, con una lunga serie di elementi e situazioni quali: me stesso, il mio corpo, la mia sessualità, i genitori, gli amici, i compagni, lo Stato, il denaro, l’altro sesso, la scuola, Dio? Non è facile rispondere a questa domanda così articolata e impostare la lunga serie di rapporti che segneranno, d’ora in avanti, tutta la vita. Non nascondo che rappresenta un grande stress, per giunta aggravato dall’accelerazione imposta dalla nostra epoca. L’impiego di tutte le energie del giovane verso una definizione, anche se rivedibile, di tali rapporti, sostenuto dal mondo degli adulti, sarebbe una cosa auspicabile. Molto spesso, invece, la paura di affrontare la difficoltà del crescere prende il sopravvento e spinge i ragazzi all’alienazione (uffa, che stress, meglio non pensarci!) attraverso lo stordimento da droghe, alcolici o tecnologie ipnotiche. Oppure li spinge a rimandare, a data da destinarsi, l’inizio di una seria presa in considerazione di tanti aspetti della vita che reclamano attenzione.

Oggi più che mai c’è necessità di genitori che, conoscendo le difficoltà dei loro figli, li affianchino nel cammino, li sostengano se vacillano e si mostrino come modello positivo di scelte coraggiose: in altre parole che li salvino dalla condanna di vivere l’affanno del carpe diem. Occorrerebbero, soprattutto, dei padri che mostrino di avere la virilità necessaria a non fuggire spaventati di fronte alla vita. Il problema dell’attuale generazione dei padri, forse, è quello di essersi imbevuti di grandi ideali giovanili e di aver trascurato la sapienza pratica dei loro padri. Mi riferisco ai grandi ideali che non hanno portato frutti maturi, quelli del ’68 e oltre, della rivoluzione colorata (di rosso o di nero), della banalizzazione sessuale, della canna che stupisce e del cannone che non colpisce. Loro seguivano Marx e i loro figli la De Filippi….come chiamarla, evoluzione della specie? Che delusione! Eppure una via d’uscita c’è. Io propongo di seguire Gesù Cristo. Tuttavia, per chi non volesse, propongo un piccolo passo indietro verso quei valori che le penultime generazioni non solo hanno contestato, ma hanno anche cercato di cancellare. Ma sono convinto che quello che di buono si riceve, anche se viene contestato, lascia una traccia indelebile nel cuore dell’uomo….per cui nulla è perduto. Occorre solo recuperare il file. Un po’ di sana restaurazione non farebbe male, anche nella scuola.

Infine, io credo che dovremmo impegnarci tutti a recuperare e trasmettere la sensibilità verso alcuni valori necessari a un’esistenza migliore. Occorre recuperare il bello per arginare il brutto del degrado umano e sociale e perchè un nuovo senso estetico impedisca l’indigestione di immagini. Occorre recuperare la dimensione del cielo, dell’infinito, della scoperta, dello stupore, in altre parole un po’ di poesia ci farà bene.


Fra Ruggiero Doronzo

Rapporto genitori-figli adolescentiultima modifica: 2009-12-30T15:15:00+01:00da ruggierodoronzo
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