Chiesa e mezzi di comunicazione: un rapporto da approfondire (Recensione)

copertina chiesa e mezzi

Doronzo Ruggiero, Chiesa e mezzi di comunicazione: un rapporto da approfondire, Ed Insieme, Terlizzi 2009, pp. 205, € 15,00. Introduzione di Mons. Francesco Cacucci. Prefazione di Carlo Formenti

 

Il rapporto tra esseri umani e mezzi di comunicazione è stato attentamente studiato e seguito nell’evoluzione degli ultimi settant’anni dalla Chiesa cattolica. I risultati di tale discernimento ecclesiale sono stati di volta in volta condensati in una numerosa serie di documenti magisteriali quali Encicliche, Istruzioni, Decreti e Messaggi.

Ruggiero Doronzo, frate cappuccino nonché studioso delle relazioni fra tecnologie della comunicazione e cultura contemporanea, ha riletto e scrutato i documenti pontifici e del Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali per fare il punto sullo “stato dell’arte”. Il risultato è stato prima una tesi di laurea, con la quale Doronzo ha ottenuto il titolo di dottore in Scienze della comunicazione presso l’Università del Salento, e poi una recentissima pubblicazione, per i tipi della ED INSIEME, intitolata Chiesa e mezzi di comunicazione: un rapporto da approfondire.

L’autore, partendo dall’enciclica Vigilanti cura di Pio XI emanata nel 1936, e rileggendo i vari documenti fino agli ultimi Messaggi per la Giornata Mondiale delle comunicazioni sociali di Benedetto XVI, individua chiaramente quattro elementi costanti che caratterizzano il Magistero: l’approccio positivo della Chiesa ai mezzi di comunicazione; i media come canali o strumenti neutri, anche se potenti, della comunicazione; l’importanza del contenuto trasmesso e la necessità di moralizzarlo; l’invito ad usare i media per la diffusione del Vangelo. In altri termini, l’autore sostiene una tesi di fondo secondo la quale esistono alcuni fili conduttori che hanno segnato lo sviluppo del Magistero ecclesiale sui mezzi di comunicazione.

Per dimostrare questa sua intuizione ha realizzato una scansione diacronica dei Documenti per ciascuno dei quattro elementi sopradetti. Dunque, la prima parte della pubblicazione è fortemente segnata da citazioni dirette del pensiero dei Papi e del Pontificio Consiglio, necessarie a sostenere e dimostrare fondata la tesi dell’autore, della quale si può facilmente risultare convinti man mano che si procede con la lettura del testo.

La Chiesa ritiene che i mezzi di comunicazione siano intrinsecamente buoni, al punto da definirli a più riprese “doni di Dio”; che siano sostanzialmente “neutrali”, nel senso che la natura positiva o negativa dei loro effetti dipenda esclusivamente dal contenuto veicolato e dalle intenzioni dei soggetti umani che li utilizzano.

Le motivazioni che, secondo Doronzo, sono alla base di quelli che potrebbero sembrare degli assunti quasi dogmatici sono molto interessanti e significative, anche se sono suscettibili di contestazioni da parte di altre visioni

Il rapporto tra la Chiesa e la tecnica, per gli effetti che questa produce sulla civilizzazione umana non sono stati sempre pacifici, ma, argomenta Doronzo, la Chiesa si trova oggi di fronte alla necessità di instaurare un nuovo rapporto con gli strumenti tecnologici odierni, in particolare con i moderni media. La necessità è dettata dal fatto che, da un lato, le tecnologie della comunicazione le offrono la grande opportunità di trasmettere il proprio messaggio all’intera umanità, dall’altro, ove abbandonati nelle mani di una cultura anticristiana o semplicemente areligiosa, potrebbero rappresentare una grave minaccia per la sua stessa sopravvivenza. Le tecnologie di comunicazione, dunque, devono essere “buone” per definizione, pena l’impossibilità di farvi ricorso. Stabilito, quindi, un approccio positivo la Chiesa procede con grande insistenza ad invitare i suoi fedeli all’uso dei moderni mezzi di comunicazione sociale ad intra e ad extra, per la diffusione del Vangelo e per l’instaurazione di un flusso di informazioni che rendano più solidali i fedeli.

Il principio di neutralità rappresenta a sua volta un irrinunciabile baluardo contro il punto di vista “determinista” tanto dei teorici di ispirazione marxista o neo marxista, quanto dei mediologi che si rifanno alla lezione di McLuhan e ad altri approcci sociologici, psicologici e antropologici alla problematica dei media. Tutti questi approcci considerano che le “protesi” tecnologiche di cui l’uomo si riveste sono, da un lato, il frutto di potenze economiche e socioculturali che in esse si “incarnano” e che modificano i rapporti sociali. Dall’altro lato sono in grado di trasformare in profondità la natura stessa dell’uomo. La Chiesa, invece, deve necessariamente far salvo il principio del libero arbitrio di un soggetto umano che è, in ultima istanza, il solo responsabile dell’uso buono o cattivo degli strumenti che egli stesso ha creato. La conseguenza è il tentativo, non sempre riuscito, di moralizzare la comunicazione mass-mediale accordando la priorità ai contenuti rispetto alle forme e di educare tanto gli operatori quanto i fruitori della comunicazione. Il risultato di tanti anni di discernimento ecclesiale è stato, come l’autore sottolinea, la formulazione di un pensiero chiaro, logico e coerente.

L’avvento del digitale e l’accellerazione nello sviluppo dei computer, tuttavia, stanno facendo scricchiolare i pilastri sui quali finora si è basato il discernimento ecclesiale. Questo fatto, però, non deve destare meraviglia perché la rapidissima evoluzione tecnologica, la quale si ripercuote in mutamenti politici ed economici talmente rapidi, che sfuggono molte volte anche a coloro che ne trattano quotidianamente, rende obsoleta ogni analisi e aleatoria ogni previsione. L’evoluzione tecnologica rende, dunque, il discernimento ecclesiale sui media un work in progress che deve tentare di procedere con lo stesso passo.

La situazione creatasi, piuttosto che scoraggiare la Chiesa deve, secondo Doronzo, spingerla a moltiplicare l’impegno intellettuale, ed egli stesso si mette, con questo lavoro, a servizio del discernimento ecclesiale. Il contributo che l’autore offre alla riflessione generale è quello di individuare, nella seconda parte del suo saggio, alcuni elementi di tipo teoretico, culturale, sociologico e teologico relativi al mondo dei media, in particolare dei new media, di cui il Magistero non si è ancora occupato approfonditamente.

Le nuove forme e tecniche comunicative rappresentano una rivoluzione che modifica molte delle dinamiche umane, da quelle cognitive a quelle relazionali, rimuovono gli ostacoli alla condivisione del sapere e alle azioni collettive, sciolgono il potere dal possesso materiale e lo legano alle capacità informativo-creative, fanno rinascere la mentalità mitologica e religiosa naturale.

Sembra ormai indubbia la rottura di continuità con la società industriale operata dai nuovi ambienti tecnologici e dell’informazione in rete. Lo sviluppo della rete informatica ha determinato nuove opportunità per la creazione e lo scambio di informazione, conoscenza e cultura. Negli ultimi quindici anni, pertanto, si è assistito ad un cambiamento radicale dei mercati, della produzione di beni, delle pratiche sociali e del rapporto tra cittadini e democrazie liberali, rispetto al modo in cui questi si sono evoluti negli ultimi secoli. Queste poche indicazioni lasciano intravedere un cambiamento della società tale da delineare una nuova civiltà, impossibile da giudicare con i criteri del passato. Anche il discernimento ecclesiale sembra convinto di ciò, e la dimostrazione più lampante l’autore la trova nella recentissima enciclica Caritas in veritate di Benedetto XVI, nella quale il pontefice sembra abbandonare il baluardo della neutalità dei mezzi di comunicazione.

Dopo aver messo a confronto le teorie deterministe con quelle neutraliste, l’autore arriva alla conclusione che, solo incominciando a considerare la forma delle comunicazioni importante quanto il contenuto trasmesso, la Chiesa potrà riequilibrare il suo discernimento.

Anche le dinamiche economiche che nascono dall’avvento del World Wide Web devono essere riconsiderate, soprattutto alla luce delle aumentate possibilità di condivisione che caratterizzano la rete. La circolazione gratuita di saperi e conoscenze, supportata da nuovi tipi di licenze, ha messo in crisi il concetto di copyright e spinge a rivalutare l’etica del dono. Inoltre lo sviluppo della condivisione della conoscenza e l’aumentata possibilità di accesso alle informazioni rendono i flussi del sapere sempre più orizzontali e ridefiniscono i confini fra comunicatori professionali e produttori/consumatori di conoscenze e informazioni, fra sfera pubblica e sfera privata.

La pervasività delle tecnologie, che non rappresentano più delle protesi mobili da cui potersi separare, ma sono sempre più integrate all’essere umano da creare una specie di simbiosi uomo-macchina, pongono una seria questione antropologica. La domanda che Doronzo, sulla scia di molti altri pensatori, pone all’attenzione del discernimento ecclesiale è: fino a quando l’uomo completamente ibridato con microchip e nanotecnologie potrà dirsi ancora tale?

Per rispondere a questa e ad altri cruciali interrogativi, secondo l’autore occorre, come già sta avvenendo in parte, che nel discernimento della Chiesa, si apra sempre più una via a favore di una considerazione dei vari aspetti della comunicazione, compreso quello morale, che non parta dall’uomo in generale, dall’uomo in ogni situazione, ma da un essere umano considerato nel suo rapporto con i mezzi di comunicazione che lo rendono, in qualche modo, diverso.

Secondo l’autore, infatti, le nuove e totalitarie forme di comunicazione legate allo sviluppo della Rete pongono una seria “questione antropologica”, la quale è talmente importante e articolata, che necessita l’ampliamento dell’orizzonte di precomprensione dei media. All’interno della riflessione antropologica c’è una problematica antica, quella per cui l’essere umano, pur riconoscendosi come persona comunicativa, tuttavia non è riuscito ancora a dare una definizione univoca e condivisa di comunicazione. Allo stesso tempo c’è una nuova sfida posta all’autocomprensione umana, quella legata allo sviluppo della tecnologia, in quanto l’uomo moderno si ritrova ricoperto di protesi tecnologiche, inserito in relazioni retiformi, plasmato dall’uso dei media. Di fronte a tali difficoltà, sia la teologia che la morale non possono rimanere indifferenti o continuare a leggere i fenomeni come nel passato. Occorre, dunque, una nuova formulazione etica e teologica adeguata all’homo tecnologicus.

Quest’ultimo non ha abiurato definitivamente alla religiosità, come invece profetizzavano e sostenevano i razionalisti, ma è artefice di un risveglio di sentimenti religiosi nelle forme più diverse, realizzando in tal modo quanto era inimmaginabile per la modernità ed il relativo secolarismo. Il nuovo millennio è testimone di due forme di entusiasmo: l’una si esprime nella forte diffusione e nel grande utilizzo della tecnologia, che fa eco alla fiducia riposta nella razionalità, e l’altra si manifesta nel risveglio religioso che scaturisce dall’uso stesso della tecnologia. Apparentemente conflittuali, queste due forze sembrano invece convergere.

Il sentimento religioso legato al mondo tecnologico si è espresso, prevalentemente, in due direzioni: da un lato in una serie di tendenze di tipo neo-gnostico e movimenti cybergnostici; dall’altro nell’entusiamo mistico di visionari legati alla grande tradizione monoteista come Pierre Lévy e Teilhard de Chardin. Proprio il pensiero di quest’ultimo, prete gesuita e scienziato, che negli anni ’40 ha intuito il concetto di rete e di globalità formulando il concetto di Noosfera, viene dall’autore portato come esempio e stimolo alla riflessione ecclesiale sui temi della comunicazione e della Rete, visto che queste realtà offrono alla teologia nuove opportunità, ma, allo stesso tempo, lanciano sfide di ordine sia metodologico sia speculativo.

Analizzando l’aspetto tipografico della pubblicazione, esso risulta curato nei particolari e presenta in copertina una serie di televisori disposti in modo ascensionale. Il disegno vuole raffigurare la scala sognata da Giacobbe, episodio biblico riportato nel libro della Genesi, ma la rappresenta formata da gradini tecnologici sui quali si muovono gli esseri smaterializzati dal digitale.

Il volume è arricchito dalla presentazione di Mons. Francesco Cacucci, Arcivescovo di Bari e profondo conoscitore delle dinamiche comunicative, e dalla prefazione di Carlo Formenti, professore dell’Università del Salento, giornalista e scrittore.

A.V.

 

Chiesa e mezzi di comunicazione: un rapporto da approfondire (Recensione)ultima modifica: 2010-04-16T22:10:00+02:00da ruggierodoronzo
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